Attratto dalle testimonianze di diversi amici, decido di iscrivermi e tentare quella che per me è quasi un’impresa, non per la distanza, visto che di maratone alle spalle ne ho 16, ma per il dislivello: 42 km con quasi 2450 metri di dislivello da Bressanone a Plose. Questa è la Brixen Marathon.

Sabato 6 Luglio.

Ore 7.30.

La gara ha inizio.

Alzo lo sguardo qualche secondo alla mia destra e vedo le antenne in vetta alla Plose, punto dove è situato l’arrivo. Ho i brividi, sia per l’atmosfera di festa che per quello che mi aspetta per le prossime 6 ore.

Si inizia a correre.

I primi 5 km sono tutti in piano e scorrono veloci, poi si inizia subito a salire. L’asfalto si trasforma in sterrato, tutto in ombra nel sottobosco. Si sentono solo il rumore dei passi e le voci di qualche runner, che nonostante la salita sia già impegnativa, ha anche il fiato per chiacchierare.

La salita è dura: camminare o correre cambia poco. Inizio a camminare nei punti con pendenze più marcate e correre negli altri tratti… e intanto i chilometri passano. A fatica, tra corsa, poca, e camminata veloce, arrivo al km 30: il mal di schiena dei giorni passati inizia a farsi sentire, inizio a pensare che arrivare in vetta sarà veramente difficile, ma non penso mai al ritiro: voglio quella medaglia.

Al km 31 inizia un tratto in single track, in falso piano. Il terreno è ben battuto e si può quasi correre a tutta stando però molto attenti. Sulla destra la roccia e le piante della montagna e sulla sinistra un panorama da mozzafiato. Fino al km 39 godo nell’ammirare ciò che mi circonda. Corro facilmente e la schiena sembra migliorare. Mi fermo al ristoro e vedo quello che tutti mi avevano descritto come i 2 km più duri mai fatti in una gara. 2 km con quasi 400 metri di dislivello. Durissimi. Ma arrivo in vetta.

Gli ultimi 500 metri: leggera discesa, tutto è verde, l’aria è quasi fredda e si segue un piccolo sentiero, in fondo al quale si vede il traguardo.

Ho le lacrime agli occhi perchè so che sono arrivato. C’è pieno di gente e faccio uno sprint con un raggazzo, arriviamo affiancati, ci abbracciamo e ci diamo il cinque.

Abbasso la testa e mi mettono la medaglia al collo. Una medaglia che ha per me un peso enorme: non ho mai corso per così tanto tempo e su percorsi così difficili.

Mi sento appagato, soddisfatto, sento che prima o poi sarò di nuovo lì a riprovarci, perchè ogni volta che passo quella linea ricordo persone a me care che mi hanno insegnato a non mollare mai e a lottare per ciò in cui si crede”.